Re:
Letimbrus, 16/04/2008 20.04:
Mi duole dirlo, ma chi sostiene tesi del tipo "Genova dovrebbe avere 350mila abitanti!", mi sembra proprio la rappresentazione del maniman, o come si scrive. Insomma, il pensare in piccolo
perbacco, ci vai giu' pesante! :-)
qui occorre qualche precisazione
prima dell'alluvione del 1966, la zona intorno, compresa Prato che allora non era provincia autonoma, era praticamente agricola e la città si attestava sui 150mila abitanti, la quasi totalità fiorentini o toscani.
Prima dell'alluvione del '66 Firenze (comune) aveva circa 450 mila abitanti. E ha raggiunto come Genova, e come altre citta' italiane, il suo massimo sviluppo demografico proprio in quel periodo.
dopo l'alluvione, su quei campi, venne creato uno dei più grandi distretti industriali del Paese e così facendo la popolazione è aumentata senza che la città fosse preparata (lo dimostra il fatto della mancanza della tangenziale).
Oggi Firenze ha 350mila abitanti, Prato 250mila e tutta la conurbazione, da Pistoia a Figline Valdarno ,conta 1 milione di persone!
La differenza tra Genova e le altre grandi citta' italiane e' proprio questa. Che se le altre citta' hanno perso popolazione all'interno dei confini comunali, l'hanno pero' aumentata nei comuni dell'hinterland. Genova non aveva la possibilita' di espandersi ulteriormente, avendo come hinterland montagne e mare.
Genova invece è tutto il contrario: è sempre stata "predisposta" ad espandersi. Magari non ai livelli di Milano o Roma, ma fino al milione, come dimostrava una ricerca condotta negli anni '60.
Il declino generale del paese si rispecchia quindi nel calo demografico e di competitività della città.
Avevo trovato il documento alla base del piano regolatore degli anni '60. Si immaginava un sviluppo che mai c'e' stato e che non sarebbe stato compatibile col nostro territorio a meno di costruire alti grattacieli. E difatti questo sviluppo non c'e' stato, ma proprio quel piano regolatore fu la base per i disastri edilizi degli anni '60, non programmando lo sviluppo della citta' ma lasciando costruire ovunque.
Genova non era in grado di sostenere quel tipo di sviluppo e la sua decadenza successiva a mio avviso e' in gran parte figlia dell'uso improprio che si e' fatto del territorio e della sua saturazione. Certo, c'e' stata la crisi del porto, quella delle industrie di stato, ma in un territorio diverso si sarebbero potute superare in altro modo, sviluppando altri settori.
Il calo demografico genovese non e' stato in linea con quanto accaduto in Italia. L'Italia e' piu' o meno stabile da decenni, Genova ha perso quasi un terzo della sua popolazione, senza che sia stata assorbita dall'hinterland.
Se non a 350 mila, diciamo almeno che sarebbe stato meglio se Genova avesse arrestato la sua crescita demografica ai livelli di prima della guerra, cioe' ai livelli circa attuali. Sarebbe probabilmente stato possibile se non avessero aperto le acciaierie di cornigliano, e probabilmente ne avremmo guadagnato tutti in salute e qualita' della vita.
Pensare in grande non credo debba necessariamente voler dire espandersi all'infinito, anzi la non conoscenza dei limiti e' il primo passo verso l'autodistruzione.