Fame di Vita

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vd2
00venerdì 21 luglio 2006 20:03
--“Dove sei??”—


Urla.
Violente, disperate, figlie della disperazione più sfiancante.
Urla che avevano il facile compito di svuotare la tensione e la rabbia all’interno di chi le usava per poi svanire nell’aria.
Urla che continuarono, senza freno.



--“Dove seeeei!Doveee????”—


Ancora urla.
A cosa servivano, in realtà quelle urla?
Non avrebbero mai riportato, da sole, l ‘uomo alla tranquillità, eppure lui continuava a servirsi di loro, inutilmente
.



Mickey se ne stava lì, nella sua vecchia e sgangherata casa di Monaco, da solo.
Solo in realtà non era, le urla recitavano la parte degli ospiti malvoluti, ma presenti.
Mark se ne era andato.
Si svegliò quella mattina, e si ritrovò solo, con una catena rotta tra le mani e rabbia al suo interno.
Dove era Mark?
Non c’era, non c’era più, ma non poteva andare da nessuna parte, non era in grado di muoversi da solo nella città, nonostante la conosceva alla perfezione.
Erano tornati a Monaco, come uno stratega stava giocando le sue carte per preparare Mark all’ incontro che lo attendeva a Blood River e pensò che far trascorrere qualche giorno nella loro vecchia città, nel luogo dove l’incubo chiamato vita di Mark iniziò gli avrebbe fatto bene, lo avrebbe caricato di rabbia, di dolore, pronti a fuoriuscire al momento giusto, pronti a trapassare dal corpo di Mark al sangue dell’avversario.
Una trasfusione di dolore doveva essere, e stava preparando Mark per essa.
Ma Mark dov’era?
Non c’era, la sua stalla era vuota, Mark era uscito, e Mickey non voleva nemmeno pensare di cosa potesse combinare Mark in girò per la città da solo.
Non sapeva nemmeno da quanto la bestia aveva lasciato la casa, non poteva, quindi, nemmeno calcolare dove fosse in quel momento.
Mickey sapeva benissimo cosa significava lasciare un animale in mezzo a troppe persone, esse sarebbero divenute presto le sue prede, cosa non troppo rischiosa se al di fuori di quella stalla dove Mickey custodiva Mark non c’era un mondo.
Un mondo che non stava al passo di Mark, o forse Mark non era a passo con il mondo, ma in fondo tale dubbio importava poco in quel momento.
Non aveva la benché minima idea di dove poter iniziare le sue disperate ricerche, si sentiva in debito con molte famiglie in quegli attimi, sapeva già che Mark aveva già fatto le sue trasfusioni di dolore, l’unico capace di fermarlo al mondo, in quel mondo che Mark non capiva, non accettava, era proprio lui.
E per di più Mark era affamato, Mickey da buon stratega lo teneva a corto di carne nei giorni che precedevano il pay per view, così da togliere completamente i seppur piccoli freni inibitori a Mark una volta che egli avesse messo piede nel ring.
Mark non accettava il mondo, o forse il mondo non accettava Mark?
Fatto stà che il mondo e Mark erano diversi, troppo diversi per vivere insieme.
Un altro quesito giungeva adesso nella mente di Mickey, perché quel gesto insolito e disubbidiente di Mark?
Cosa voleva lui, non provava sentimenti se non dolore e rabbia che puntualmente venivano repressi nel suo frastagliato animo fino a trovare una valvola di sfogo nella carne umana, e soprattutto non aveva bisogni al di fuori del cibo , è un animale , non un essere umano, nemmeno la vista del padre lo ha mutato, cosa lo ha spinto a lasciare la sua tana per andare a scontrarsi con il mondo, sapendo benissimo che il confronto sarebbe stato difficile e doloroso, per entrambi?
Un animale lascia la sua tana solo ed esclusivamente per mangiare, forse Mark aveva fame?
Impossibile, avrebbe già fatto rientro con i vestiti sporchi di sangue, un animale torna nella sua tana finita la battuta di caccia.
Ma Mark non era tornato, voleva qualcos’ altro?
Del resto non dovrebbe essere difficile comprendere le intenzioni di un animale, qual’era Mark.
Si alzò, le grida avevano lasciato la stanza da qualche minuto, c’era solo lui adesso, e prese la decisione di fare anche lui lo stesso.
Velocemente raggiunse l’uscita, quando notò gettata su di un comodino di legno vecchio e mal messo, quasi cadente a pezzi, la cintura di Mark.
Mark teneva a quella cintura, per quanto poco ne capiva il significato, e soprattutto aveva il vizio di cibarsi con essa accanto, nella sua animalesca mente si era creata l’associazione cintura-cibo, associazione che proprio Mickey lavorò per creare in lui, da buon stratega qual’era.
E se Mark aveva lasciato lì quella cintura, voleva dire che non era uscito per svuotare il suo dolore, non era uscito per mangiare.
E perché era uscito, allora?
Non era più tempo per chiederselo, doveva trovarlo, la paura lo assaliva, se anche l’unico uomo capace di controllarlo, in quel momento non ci era riuscito, cosa poteva fermare Mark adesso?


Uscì a piedi, cercando con la mente di indovinare il percorso che avrebbe potuto fare Mark, calcolando che la sera prima si era addormentato per le 3.30, Mark potrebbe aver lasciato l’abitazione per le 4.00, contando il tempo per liberarsi dalle catene e sfondare la porta blindata, l’unico pezzo costoso che componeva quella sudicia e squallida casa.
Non la voleva comprare, ma venne l’evenienza di un rinforzo, che quella sera si dimostrò inutile.
Uscì dal suo appartamento, dinanzi a lui un giardino faceva capolino con i suoi verdi incroci di natura dalla traversa sulla destra, una via più abitata e con molti negozi che si affollavano sui marciapiedi faceva invece da cornice sulla sinistra alla rotonda che alla fine della strada apriva a nuove vie e a nuove strade.
Volle pensare inizialmente che al di là di quelle due vie Mark non si sarebbe potuto spingere.
Ora, un animale cosa avrebbe scelto dinanzi a quelle due vie?
Mickey era un umano, come poteva immedesimarsi in Mark, gli umani scelgono sempre vie diverse dagli animali, forse per questo li dominano.
Ragionandoci su arrivò alla conclusione che difficilmente avrebbe potuto scegliere la via affollata, ci sarebbe stata troppa gente che lo scrutava impaurita, e a Mark ciò non piace molto.
Si sarebbe spaventato, e avrebbe optato per la più tranquilla e isolata traversa di destra.
Ma se Mark era affamato?
Le sue tesi andavano ora a distruggersi, se Mark aveva fame non avrebbe esitato a scegliere la via più affollata, con gli occhi appannati dalla rabbia e il suo animo volenteroso di sangue.
Ma non era affamato, la cintura l’aveva lasciata al suo posto.
Era indeciso, essere un animale gli risultava ora più che mai impossibile.
Alla fine scelse la via più affollata, alle quattro di notte forse sarebbe stato il parco più popolato che una via zeppa di negozi a serrande chiuse.
Sempre dando per assodato che Mark non era affamato, Mickey scelse la via a sinistra, e la imboccò.
I primi visi che incontrò furono quelli di una famigliola, sembravano felici, la figlia piccola teneva strette le mani del padre e della madre, ed entrambi i genitori brillavano di gioia con i loro occhi.
Felici, c’era amore in quel quadretto, decise che non era suo diritto irrompere bruscamente in quel quadretto d’amore per chiedere informazioni su un essere difficile da identificare e da descrivere.
Non sarebbe bastato animale, non sarebbe bastato uomo.
Mark era a metà fra le due cose, non si era mai spinto troppo all’estremo di una o l’altra, e il mangiare per placare i suoi sentimenti duri e dolorosi, ne era la prova che Mark viveva in uno stato intermedio, che a turno si inclinava da una delle due parti.
Con lo sguardo seguì il camminare gioioso dei tre, il figlio camminava senza mai lasciare le mani dei genitori, davanti a lui c’era una vita piena d’amore, i genitori lo avrebbero trattato nel miglior modo possibile, facendo trasfusioni di amore, nel loro caso.
Mickey, fin da bambino non ha mai potuto camminare con davanti gli occhi un futuro colmo d’amore, come del resto non lo aveva mai fatto Mark.
Ma lui poteva sopportare, pensò, era un uomo, gli umani vivono per combattere i propri sentimenti, gli umani sono stati creati per avere a che fare con i sentimenti, è il loro dovere di vita, Mickey poteva lamentarsi ma doveva essere preparato.
Gli animali?
Assolutamente no, hanno poco a che fare con i sentimenti, hanno poco a che fare con il dolore, con l’amore, non provano altro se non sensazioni fisiche.
Ma Mark non è un animale, non è un uomo, è lavorare con i sentimenti per lui è ancora più duro, non essendo agli estremi di nessuna delle due categorie, non poteva ne vivere senza conoscere mai i sentimenti, ne altrettanto vivere combattendo quotidianamente con essi.
Passò velocemente dinanzi a quella rappresentazione della gioia umana, e notò un giovane ragazzo.
Era trasandato, vestito chiaramente con qualche straccio vecchio e preso chissà dove, sporco e non curato in viso, gli ricordava lui stesso da giovane.
Decise che quel ragazzo era l’uomo ideale dove iniziare le sue ricerche, e senza vergognarsene chiese aiuto
.


Mickey-:”Scusami, mi serve un favore!”
???:-“Un favore??Dimmi tutto, mi chiamo Albert,amico..”


Parlata insicura, balbuziente e disordinata
Occhi persi e stanchi, fisico provato e movimenti illogici, era chiaro che quel ragazzo era sotto sostanze stupefacenti
.


Mickey-:”Hai visto passare per caso su questa via un……uomo…, un uomo grosso e vestito male, con una sorta di museruola alla bocca, dall’aspetto quasi animalesco?”
Albert-:”Un uomo…animalesco, museruola?Amico ma che stai dicendo, tu sei pazzo!!”
Mickey-:”Ti ho chiesto se lo hai visto, è importante, rispondimi!”
Albert-:”Ma che fai? Mi tocchi? Che cazzo vuoi amico, vuoi picchiarmi, tu vuoi picchiare un ragazzo che potrebbe essere tuo figlio? Vuoi picchiarmi figlio di puttana, picchiamiii!!”


Quel ragazzo non era certo il tipo di persona che sarebbe servito a Mickey, se non per sfogare qualche briciolo di tensione che pesantemente si agglomerava al suo interno.
Il ragazzo continuò nelle sue inopportune, illogiche e deliranti provocazioni, finchè Mickey non lo fermò con un colpo in pieno volto.
Albert cadde a terra, esausto..
Rimase lì, con il suo sangue che lo bagnava, mentre Mickey riprese la sua camminata, accelerando il passo nella speranza che nessuno aveva notato l’accaduto.
Cominciava a farsi spazio nell’ormai indecente malessere di Mickey la paura.
Paura di non trovare mai più Mark, paura di averlo perso.
Aveva paura di rimanere da solo.
Alla fine, ognuno dava all’altro quello di cui avevano bisogno; Mickey sfamava Mark e gli permetteva di dare sfogo al suo dolore, Mark senza nemmeno volerlo rendeva Mickey soddisfatto, soddisfatto di avere qualcosa nella vita per cui sentirsi fieri di se stessi, per quanto orrenda sia.
Mickey aveva paura di rimanere solo, e soprattutto insoddisfatto, fallito, ancora una volta nella sua vita.
Mark non aveva paura di rimanere affamato, senza Mickey?
Evidentemente no, evidentemente Mark non aveva bisogno solo di mangiare, al contrario di come Mickey credeva.
Con la paura come nuova compagna di viaggio, proseguì, con passo nervoso.
Altre vite gli si ponevano davanti, altre situazioni, altri sentimenti da analizzare.
Questa volta a colpire l’attenzione di Mickey fù una semplice ragazza, con stretta nella mano sinistra un guinzaglio, il cui lembo teneva un cane, un animale.
Nell’altra mano teneva un cellulare e dai toni con cui la ragazza rispondeva al suo interlocutore non sembrava una conversazione amichevole.
Di fatti, la ragazza interruppe la chiamata, troncandola con parole di stizza e offese, era nervosa.
Si fermò, il cane aveva trovato qualcosa di interessante nei pressi di un cespuglio di sterpaglie, insolitamente cresciuto in mezzo a distese illimitate di cemento.
La ragazza aspettò che il suo animale consumasse tutta la sua curiosità verso quel cespuglio, accarezzandolo con cura.
Era un ottimo modo per sciogliere la tensione, accarezzare e prestare attenzioni al suo “amico” la faceva sfogare, forse lui nemmeno si accorgeva di quanto era utile in quel momento, a lui bastava sapere cosa c’era dietro quell’ insignificante cespuglio, a lui bastava consumare i suoi limitati bisogni di vita, e eseguiva ubbidiente gli ordini di chi glie lo permetteva, quando la ragazza gli ordinò di proseguire nella loro camminata.
In fondo, cosi è e così sarà sempre un rapporto uomo-animale, pensò Mickey.
Perché allora Mark quella sera, lo abbandonò?
Mickey consentiva a Mark di sfogare tutti i suoi bisogni, per quanto erano dolorosi e orrendi.
Mark stava provando dei nuovi bisogni, Mark stava inclinandosi verso il mondo degli esseri umani?
Impossibile, troppo dolore e troppa infelicità riempivano il suo animo per voler vivere come un essere umano, non era pronto ad affrontare i sentimenti, non era un essere umano.


Senza aver trovato risposte, ne tantomeno indizi Mickey mutò direzione, ripercorrendo in senso contrario la via per provare la strada del giardino, era l’ultima speranza prima di dar spazio ai sensi di colpa.
Velocemente e senza più destare la benché minima attenzione ai passanti che incrociava, raggiunse il giardino pubblico, seguendo la strada alla destra dell’ incrocio.
Si incamminò per quel piccolo ma confortevole sprazzo di natura in mezzo a molteplici costruzioni artificiali.
Gli bastò superare il piccolo cancello di entrata, e appena trovatosi all’interno, Mickey fù colpito dalla più grande meraviglia, lo stupore lo bloccò, rimase fermo immobile ad osservare incredulo la scena che gli si poneva davanti.

Mark era lì.

E non era quello il problema.
Mark non era solo.

E questo poteva essere un problema.

Mark era seduto su di una panchina, e in braccio teneva un bambino.
Un bambino, che in un attimo sarebbe potuto divenire una semplice preda per Mark, ma incredibilmente quel bambino era stretto, senza aver paura, nelle braccia di Mark.
A prima vista poteva avere dai tre ai quattro anni, un innocente bambino, quindi.
Quel che meravigliò ancora di più Mickey, fù il fatto che quel piccolo bimbo sembrava giocare con i folti e disgustosi capelli di Mark, divertendosi.
Dal canto suo, Mark non reagiva, si lasciava toccare da quel bambino, tenendolo stretto fra le sue braccia, e alternando dei piccoli i timidi sorrisi.
Sorridere?
Gli animali non sorridono, Mark stava sorridendo.
Per la prima volta Mark aveva sorriso, per la prima volta Mickey poteva vedere il volto sempre sofferente e imbronciato di Mark sorridere, forse anche con felicità.
Mickey rimase spiazzato.
Perché stava facendo ciò?
Da dove era uscito in Mark la voglia di ridere?
Cosa aveva spinto Mark a non fare di quel tenero bambino una preda?
Decise di non rispondersi, dopotutto in un attimo tutte le certezze che aveva su Mark sparirono, si persero in un sorriso, che lentamente ora dipingeva anche il volto dello stesso Mickey.
Prese coraggio, doveva affrontare una situazione a lui totalmente nuova, neanche la visita del padre portò a Mark il sorriso, che ora invece si faceva spazio in Mark, nascosto appena dalla sua museruola.
Mickey fece un paio di passi, avvicinandosi a Mark, mentre dall’altro lato del giardino una donna fece anch’essa un paio di passi, ma molto più rapidi.
La donna stava correndo verso Mark, Mickey capì al volo la situazione e cercò di raggiungere la bestia prima della donna, che chiaramente era la mamma di quel bambino che neanche immaginava in che guaio si fosse cacciato.
Il problema sorse quando Mark si accorse di tutti e due, e non esito ad alzarsi di scatto e abbandonare quella panchina, portandosi via in braccio anche il piccolo
.


--Lascia stare mio figlio, mostro!!!Qualcuno mi aiuti, vi prego!!”—


Tali parole uscirono dalla bocca della donna, che le pronunciò unendole a pianti e crisi nervose, era nel panico.
Del resto non c’era che da biasimarla, suo figlio veniva portato via da un mostro.
Mickey continuò la sua corsa verso Mark, mentre la donna cadde a terra disperata, in preda ad attacchi di convulsioni
.


--“Ci penso io, non si preoccupi.”--


Tuonò Mickey, con la speranza di rassicurare leggermente la donna, che ora veniva circondata e aiutata da altre persone che avevano assistito alla scena.

Mickey cercò di raggiungere Mark, ma ad ogni passo di Mickey, Mark si allontanava vistosamente, sembrava impossibile da raggiungere.
Il bambino sembrava tranquillo, osservava la scena con occhi innocenti, ma senza dare nessuno segno di preoccupazione o di paura, si fidava di Mark.
Come aveva potuto Mark dare fiducia ad un essere umano, come aveva potuto una bestia del genere non provocare paura ad un bambino?
Mentre il suo fisico era a disagio e faceva fatica a reggere il ritmo di Mark, la sua mente era lucida ma frastornata dall’ accaduto, cercando una spiegazione logica o perlomeno valida a tutto ciò
.


--“Mark, torna qui, fermati, lascia stare quel bambino…”—
--“Mark fermati!Non puoi scappare, Mark!”—
--“Mark ma dove vuoi andare??Domenica…ti ricordi che domenica potrai sfamarti a volontà, lascia stare il bambino e fermati!”--
--“Maaark!!Lascialo stare, domenica avrai tutto quello che ti serve!!”—


“Tutto quello che ti serve.”
Era ancora cosi?
Era ancora qualche corpo da sfregiare e del sangue da ingoiare tutto quello che serviva a Mark?
Mickey credeva di si, i suoi occhi erano cechi per via delle sue certezze, che lo costringevano a vedere quel bambino come una preda di Mark , piuttosto che un semplice bambino.
Non poteva essere che Mark, cominciava ad avere altri desideri, altri bisogni?
Bisogni umani?
Impossibile, pensò, e continuò nella sua rincorsa, quando ormai Mark era distante metri, e sembrava impossibile riprenderlo per Mickey.
Pian piano stava perdendo fiato, il suo fisico non avrebbe retto ancora per molto.
E infatti, Mickey si fermò, esausto si poggiò a terra, sulle ginocchia, lasciando ad esse il compito di sorreggere tutto il peso del corpo.
Era finita.
Mark se ne era andato, e molto probabilmente fra poco quel bambino avrebbe lasciato il mondo.
Era finito tutto.
Mickey temeva un momento del genere da quanto si era fatto la promessa di badare a Mark, temeva che sarebbe arrivato il giorno in cui l’animale non avrebbe più dato retta al padrone, il giorno in cui Mark lo avrebbe abbandonato per saziare la sua fama di dolore.
Quel giorno era arrivato, e quel bambino, era la vittima sacrificale delle sofferenze di Mark.
Mickey si rialzò, ormai non aveva più niente da chiedere, ora era davvero solo.
Il primo pensiero in quei attimi in cui chiedeva al suo corpo uno sforzo enorme per mettersi in posizione eretta, non fù alle vittime e al sangue che ora Mark, da solo, a piede libero nella città avrebbe potuto consumare, ma a lui stesso.
Era solo, non aveva mai avuto nessuno ad accompagnarlo nella vita, forse per la sua troppo orrida concezione della vita stessa, forse per i suoi hobby troppo violenti, eppure aveva trovato qualcuno al suo fianco.
Non era un uomo, non era un animale, era Mark.
Mark era la perfezione per Mickey, un essere talmente orribile e indecifrabile che con ogni singolo movimento quasi estasiava la mente perversa di Mickey.
Un essere che non poteva muoversi per il mondo in solitudine, e per Mickey era un onore doverlo tenere a bada, e ancor più grande era la soddisfazione nel vedere che Mark si fidava e rispettava senza discutere ogni singolo ordine di Mickey, ciò lo faceva sentire soddisfatto e realizzato nella vita, per quanto può sembrare psicopatico il concetto, Mickey si sentiva compiuto, ambiguo e inusuale, ma compiuto.

Fino a quel giorno.

Mark disubbidi a Mickey, eppure lui gli aveva dato tutto, lui aveva permesso a Mark di sfogarsi, di cibarsi, e anche di avere esperienze con il mondo umano, sotto forma di combattimenti.
A Mark questo non bastò.
Forse voleva indipendenza, forse Mark non si era mai fidato di Mickey.
C’era anche un altra possibilità, e Mickey lo sapeva bene.
Nei mesi passati, sotto l’ordine del padre, Mickey aveva dovuto far provare a Mark i sentimenti umani, Mickey aveva il compito di “umanizzare” Mark, per prepararlo al ritorno a casa.
Ma questa tesi crollava se Mickey ripensava all’orrenda fine che lo stesso Mark aveva fatto fare al padre.
Mark non aveva abbandonato Mickey quella volta, aveva scelto di continuare la sua vita così. Aveva l’opportunità di entrare a far parte del mondo umano, di tornare a vivere con la famiglia che tempo indietro lo aveva disprezzato, ma rifiutò tutto, per continuare la sua complessa esistenza sotto la guida di Mickey.
Perché quindi, avrebbe dovuto lasciare Mickey ora, per nuove esigenze?
La tesi venne bocciata da Mickey stesso, Mark non voleva essere un uomo, altrimenti avrebbe scelto di tornare con il padre.
C’era anche una cintura da difendere, a pochi giorni di distanza, ma Mickey sapeva che avrebbe dovuto avvertire la dirigenza che Mark non faceva più parte del loro progetto.
Tra delusione e tristezza, Mickey raggiunse finalmente l’entrata della sua casa.
Con gli occhi vide sulla destra il giardino dove molto probabilmente la madre di quel bambino lo stava ancora aspettando, in preda alle sue giustificate crisi.
Ma non volle tornare lì, non voleva fare un dispetto a Mark, accettò la sua scelta e anzi sentiva il bisogno di aiutarlo, per quanto cruda e orrida fosse la decisione di lasciare quel bambino al breve futuro che Mark gli poteva assicurare.
Breve e carnefico, ecco com’era il futuro che aspettava il piccolo.


Mickey salì con passi lenti le scale di casa, era provato dalla fatica.
La porta di casa sua era distrutta, entrò senza nemmeno preoccuparsi di rialzarla, passò velocemente il corridoio, per poi gettarsi a peso morto sul letto.
Passò qualche attimo e successivamente si alzò di scatto, sorpreso.
La ragione gli riportò in mente quello che aveva visto appena entrato nella casa, e di corsa raggiunse l’entrata della sua abitazione.
La porta era distrutta, quando era uscito era semplicemente forzata.
La cintura di Universal Champion non si trovava più sul quel vecchio mobiletto.
Mark era passato di lì.
Rimase spaesato, non vi era più un filo logico in quello che stava succedendo.
Confusione ora dominava la sua mente, si era perso in un susseguirsi di avvenimenti non correlati fra loro, che cosa stava succedendo?
La risposta questa volta la trovò, semplicemente sul mobiletto dove prima era riposta la cintura.

Silenzio.

Minuti di silenzio, ora era tutto più chiaro.
O meglio, era ancora confuso, niente aveva un senso, ma era chiaro.
Mark aveva altri bisogni.
Mark non era un semplice animale, e la sua parte umana stava prendendo il sopravvento.
Mark ora aveva dei sentimenti come tutti gli esseri umani, era davvero sparita ora la sua parte animalesca?
Cos’era ora, Mark?

Mickey ormai era come trasportato dagli avvenimenti, intorno a lui c’era il vuoto, dentro di lui il caos.
Rimase fermo, immobile, smise di porsi domande, e i suoi occhi erano persi nello sporco della sua abitazione, finchè non gli cadde dalle mani il biglietto che aveva trovato al posto della cintura sul mobiletto.

Il pezzo di carta seguì una traiettoria irregolare e cadde a terra.
Mickey fissò il contenuto della frase ancora una volta
.



“I’m Hangry….of life”



Quella frase entrò ancora una volta dentro il cuore di Mickey, trafiggendolo, colpendolo come una fitta.
Raccolse il biglietto, e alzò la testa, e capì che nulla era finito, stava solo iniziando una nuova vita.


Davanti a se vide Mark, ansimante, con della leggera bava che gli usciva dalla bocca, il bambino sorridente tenuto in braccio con la mano destra e la cintura sulla spalla sinistra.

vd2
00venerdì 21 luglio 2006 20:06
Spot valido per Blood River.
Spot Per Mark per Blood River.


Le citazioni del padre si comprendono leggendo lo spot precedente, "L'ultimo Sentimento" :Sm1:

Non ho piu idee per Mark :sighsigh

Cqm con questo spot leggero cambiamento di attitude, ora Mark può parlare, ma poco e soprattuto dicnedo cose banali, i promo etc li deve fare sempre Mickey.

Stavo pensando di far accompaganre Mark dal bambino dello spot anche nei show da dopo BR, ma non ne sono sicuro.


cell in the hell
00venerdì 21 luglio 2006 20:52
bene, voglio proprio leggermi uno spot di Mark. Comunque quando si è a corto di idee si cerca di dare una rinfrescata al personaggio. Se hai qualsiasi tipo di idea per Mark mandami una ffz mail che ne parliamo. :ammicca
vd2
00venerdì 21 luglio 2006 21:05
Re:

Scritto da: cell in the hell 21/07/2006 20.52
bene, voglio proprio leggermi uno spot di Mark. Comunque quando si è a corto di idee si cerca di dare una rinfrescata al personaggio. Se hai qualsiasi tipo di idea per Mark mandami una ffz mail che ne parliamo. :ammicca



Fatto,fammi sapere.
cell in the hell
00venerdì 21 luglio 2006 21:13
mi è piaciuto davvero molto lo spot, IMHO il migliore che hai fatto con Mark.

Ma ora Mickey non è più manager di Mark oppure dobbiamo farlo apparire ancora?
vd2
00venerdì 21 luglio 2006 21:18
Re:

Scritto da: cell in the hell 21/07/2006 21.13
mi è piaciuto davvero molto lo spot, IMHO il migliore che hai fatto con Mark.

Ma ora Mickey non è più manager di Mark oppure dobbiamo farlo apparire ancora?


Ovvio, deve apparire.

Mark viene accompagnato da Mickey e dal bambino,vabbe ma alla fine te lo spiego in FFZ.
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